L’Ultima cena di Leonardo da Vinci, conservata nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano è la raffigurazione dell’Ultima Cena di Cristo più famosa della storia dell’arte occidentale. La narrazione nel dipinto fa riferimento al Vangelo di Giovanni 13:21, nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno dei suoi apostoli. L’opera si basa sulla tradizione dei cenacoli di Firenze, ma come già Leonardo aveva fatto con l’Adorazione dei Magi, l’iconografia venne profondamente rinnovata. Per rendere maggiormente coinvolgente la rappresentazione, Leonardo si concentrò sulle espressioni e sui gesti degli apostoli alla ricerca del significato più intimo ed emotivamente rilevante dell’episodio religioso. Subito dopo l’annuncio del tradimento ognuno ha una reazione che si esprime con la postura, il gesto e l’espressione del viso. Gli apostoli sono disposti a gruppi di tre alla sua destra e alla sua sinistra. L’apostolo Pietro è il quarto da sinistra; l’uomo si sporge in avanti impugnando un coltello con la destra. Giuda ha con se una borsa con del denaro e nella sorpresa rovescia una saliera. A destra si trovano Matteo, Giuda Taddeo e Simone. Il quinto da destra è Giacomo Maggiore mentre Filippo stringe le mani al petto dichiarandosi innocente. L’apostolo Pietro anticipa il taglio dell’orecchio di Malco, il servo del Sommo Sacerdote, al momento dell’arresto di Cristo. L’apostolo infatti impugna un coltello in modo minaccioso apparentemente rivolto al traditore seduto tra i commensali. Giuda non è rappresentato come nella tradizione isolato e all’opposto degli altri apostoli. L’uomo è in mezzo ai compagni. L’apostolo Giovanni che di solito è raffigurato adagiato sul petto o sul grembo di Cristo, da Leonardo viene dipinto in atto di ascoltare le parole di Pietro. Leonardo non amava la tecnica dell’affresco, la cui rapidità di esecuzione, dovuta alla necessità di stendere i colori prima che l’intonaco asciughi imprigionandoli, era incompatibile con il suo modus operandi, fatto di continui ripensamenti, aggiunte e piccole modifiche. Per questo scelse di dipingere su muro come dipingeva su tavola. Il Cenacolo non è un affresco in senso stretto (la tecnica più duratura utilizzabile per i dipinti murali), bensì una tempera mista su gesso. Leonardo volle sperimentare questo particolare metodo pittorico per aggirare gli ostacoli e i limiti della tecnica ad affresco, ma il risultato non fu quello sperato. La tecnica sperimentale utilizzata si rivelò infatti molto fragile e particolarmente soggetta a deterioramenti dovuti all’umidità; nel 1566, dopo soli settant’anni dalla realizzazione dell’ Ultima cena, il grande critico dell’arte Giorgio Vasari in visita a Milano scriverà che del Cenacolo “non si scorge più [nulla] se non una macchia abbagliata“.
Pictografia a fresco su calce
collocata su tavola di legno nera e protetta da un vetro.